11 marzo 2006

CONTINUARE A RIFLETTERE

L' elemento più importante affinchè il pensiero di una persona non muoia con essa è continuare a proclamarlo fino infondo, sempre. Non come chi si è battuto il petto in maniera ipocrita nel momento in cui è morto e poi ha continuato la vita tranquillamente e pacificamente.
Posto alcuni passaggi dal libro di Luca Coscioni "il Maratoneta"....consiglio: leggetelo.
La voce degli alberi
“Vorrei scendere e camminare e abbracciare il vento, ma non posso. Mi piacerebbe andare incontro al temporale correndo, ma non posso. Vorrei innalzare un inno a questo spettacolo meraviglioso, ma le parole mi nascono nel cuore e mi muoiono in bocca. Dovrei essere uno spirito libero per poter gioire, ora. Sono invece un uomo provato dalla Sofferenza e dalla perdita della Speranza. Non sono solo, ma provo solitudine. Non è freddo, eppure provo freddo. Tre anni fa mi sono ammalato ed è come se fossi morto. Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito. Ora, solo ora, comincio a capire che questo non è vero. La mia avventura continua, in forme diverse, ma indiscutibilmente continua. Nove anni fa, nel Deserto del Sahara, stavo cercando qualcosa. Credevo di essere alla ricerca di me stesso e mi sbagliavo. Pensavo di voler raggiungere un traguardo e mi sbagliavo. Quello che cercavo non era il mio ego o un porto sicuro, ma una rotta verso quella terra per me così lontana dove abitano Amore e Speranza.”
La mia malattia
Ci sono malattie con le quali è possibile vivere. Altre con cui è possibile convivere. Infine, ve ne sono alcune alle quali si può sopravvivere. La sclerosi laterale amiotrofica non rientra in nessuna di queste tre categorie, è una malattia che non lascia molto spazio di manovra e che può essere affrontata soltanto sul piano della resistenza mentale. Se, infatti, ci si confronta con essa sul piano fisico si è sconfitti in partenza. L'intelletto è l'unica risorsa che può aiutarti. Per quanto riguarda gli esempi pratici, se ne facessi uno, il lettore potrebbe apprezzarlo così come un cieco al quale è stato chiesto cosa prova nel vedere un tramonto.
Scrivere una parola
Mediamente, impiego 30 secondi per scrivere una parola. Questo, di fatto, significa che, per me, le parole sono una risorsa scarsa. Rispetto a quando stavo bene e potevo liberamente disporre della mia voce, il mio modo di scrivere, e, in parte, di pensare, ha subito dei cambiamenti. Trovandomi costretto a dover fare economia di parole, devo puntare con decisione a quei concetti che ho definito, per comodità, concetti conclusivi. Certo, questo modo di scrivere ha fatto perdere ai miei scritti una buona parte della loro ricchezza e complessità, tuttavia, è possibile, anche in questa condizione di restrizione della mia libertà espressiva, un vantaggio: il fatto di dover puntare al cuore di un problema, o di un tema, con il minor numero possibile di battute, mi costringe, letteralmente, ad essere chiaro con me stesso, prima ancora di esserlo con gli altri. Come un muto restituì la parola a 50 premi nobel
Alcune persone, si contano sulla punta delle dita, sostengono che io sia stato strumentalizzato. A questi, rispondo che proprio io, muto, ho, in realtà, restituito la parola a 50 premi Nobel, e a centinaia di scienziati di tutto il mondo, anche loro resi muti, in Italia, dal silenzio della politica ufficiale e del sistema informativo, su temi fondamentali per la vita, la salute, la qualità della vita, e la morte, dei cittadini italiani (…). La circostanza che una persona gravemente malata, che non può camminare, che per comunicare è costretta ad utilizzare un sintetizzatore vocale, viva pienamente la propria esistenza, questa circostanza, dicevo, rischia infatti di scuotere le coscienze, le agita, le mette in discussione. Il fatto poi che io abbia sollevato una questione politica, che non abbia accettato di rappresentare un cosidetto caso umano, che abbia scelto lo strumento della lotta politica, infastidisce enormemente. Perché, in Italia, la persona malata, non appena una diagnosi le fa assumere questo nuovo status, perde immediatamente, elementari diritti umani, e tale perdita è tanto maggiore, quanto poi più gravi sono le condizioni di salute della persona in questione. La mia, la nostra battaglia radicale per la libertà di Scienza, mi ha consentito di riaffermare, in particolare, la libertà all'elettorato passivo, il poter essere cioè eletto in Parlamento, per portare istanze delle quali nessun'altra forza politica, vuole, e può essere portatrice. (..).
Invettiva agli ipocriti
Voglio affrontare un argomento che credo sia di un certo interesse, almeno lo è, per me. Mi sono spesso domandato quale potesse essere il significato della mia esistenza.(...) La risposta, è al tempo stesso semplice e complessa, così come, semplici e complessi, sono tutti i fatti della vita di una persona. Dopo questo lungo pippone, ho optato per un taglio conclusivo comico, in modo tale da non essere mandato a fare in culo, prima della fine, di questo mio, non breve, intervento. In primo luogo, il significato della mia esistenza è quello di viverla, così come mi è consentito, punto e basta. Nella mia avventura radicale, la cosa più importante, che penso di essere riuscito a realizzare, è quella di aver fatto di una malattia, una occasione di rinascita, e di lotta politica. Di avere avuto la forza e il coraggio, di trasformare il mio privato in pubblico. Di avere ribadito che la persona malata è, innanzitutto persona, e come tale, ha diritto a vivere una esistenza piena, e libera, contro il senso comune e le ipocrisie quotidiane, che vorrebbero, invece, relegarci in una terra di nessuno. Che cosa può succedere quando ci si ritrova su una sedia a rotelle e senza voce? Succede di tutto. Il silenzio si fa, però, parola, anche se, parola interiore. Così, uscendo dall'albergo, per andare a piazza del Pantheon, mi si avvicina una signora, che, guardandomi le gambe, e non negli occhi, mi domanda se sono sordo. Non posso parlare, ma la mia voce interiore le dice, Brutta imbecille, se mi guardassi negli occhi, e non le gambe, non ti ci vorrebbe molto, a capire che ci sento benissimo, anche se non ho nessuna voglia di ascoltare le tue cazzate. Tornando in albergo, il portiere domanda a Maria Antonietta, se posso salire da solo i tre gradini, sui quali non è stata predisposta la pedana di accesso per i disabili. Ma, brutto testa di cazzo, replica la mia voce interiore, ti sembra che se potessi farlo, me ne starei seduto su una sedia a rotelle? A Milano, Vincenzo Silani, un neurologo squallido, che sta facendo di tutto, per opporsi al protocollo di studio, nel quale sono stato arruolato, incontrandomi un anno e mezzo fa, nonostante fossi il paziente più grave, mi ha ricevuto per ultimo, facendomi passare davanti, anche quei pazienti, che avevano un appuntamento successivo al mio. Una volta entrato, non sapendo ancora, chi fossi, mi ha messo nelle mani del suo assistente. Con aria scocciata mi ha poi, spiegato che non c'era niente da fare, che si trattava di una malattia incurabile, come se non lo sapessi già, e mi ha consigliato di tornarmene a casa, dal momento che, di lì a poco, non mi sarei nemmeno potuto più muovere. La mia voce interiore, gli ha risposto: grandissimo pezzo di merda, ho già sepolto uno dei medici che mi ha fatto la diagnosi infausta, e non è detto, che non riesca a sopravvivere anche a te, che con le tue parole false, stai distruggendo la speranza di migliaia di malati, che confidano nella ricerca sulle cellule staminali. La ragione per la quale, tu macellaio, ti opponi a questa sperimentazione è tremenda, non vuoi perdere le parcelle dei tuoi pazienti che, uno dopo l'altro, ti stanno abbandonando. Ancora, questa volta a Roma, non direttamente a me, ma a Maria Antonietta, c'è qualcuno, che le chiede se posso o no, scopare. La mia voce interiore, risponde, nuovamente: la sclerosi laterale amiotrofica colpisce la muscolatura volontaria, e non le funzioni sessuali. Certo, non posso fare tutte le posizioni del Kamasutra, ma un po' me la cavo anche io, brutto imbecille! La scorsa settimana, mi sono recato in una sanitaria per ordinare la mia nuova sedia a rotelle, quella con il supporto per la testa. Lì, ho incontrato il marito di una malata di sclerosi laterale amiotrofica, che rivolgendosi, chiaramente, sempre a Maria Antonietta, mi ha detto: poverino, non è che al partito ti fanno strapazzare troppo? E quando sei stanco, come fai? La mia voce interiore gli ha risposto: primo, poverino un pezzo di cazzo! Secondo, sono io ad avere deciso di strapazzarmi , non gli altri per me. Terzo, siccome, sono sempre molto stanco, tanto vale dare un senso politico a questa stanchezza. Quarto, nonostante tua moglie sia malata come me, non hai capito minimamente, che tutto quello che sto facendo è anche per lei, e non solo per me. Ma va a fan culo! C'è però, una cosa, che non mi è stata mai detta direttamente: povero handicappato, sei stato strumentalizzato. Il motivo è semplice. La mia voce interiore avrebbe chiamato il mio avvocato, trasformandosi in un messaggio di posta elettronica, per far partire una denuncia per diffamazione. Si sa, il 99 per cento delle persone è senza coglioni, e quando si tratta di affrontarsi a viso aperto, gli occhi puntati negli occhi, non ce la fa proprio, e allora abbassa lo sguardo.
Noi che non possiamo aspettare
C'era un tempo per i miracoli della fede. C'è un tempo per i miracoli della Scienza. Un giorno, il mio medico potrà, lo spero, dirmi: Prova ad alzarti, perché forse cammini. Ma, non ho molto tempo, non abbiamo molto tempo. E, tra una lacrima ed un sorriso, le nostre dure esistenze non hanno certo bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà, che è democrazia. Le nostre esistenze hanno bisogno di una cura, di una cura per corpi e spiriti. Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma, non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi Papi.

4 marzo 2006

PORTAMI SU QUELLO CHE CANTA

Alberto Papuzzi nel 1977 scrisse un libro su una vicenda giudiziaria che vide come imputato lo psichiatra Coda nel 1974
Questo psichiatra seviziava i pazienti con l'elettroshock e l'elettromassaggio.
Per puro sadismo e non per lo "scopo terapeutico" al quale erano stati predisposti questi "strumenti terapeutici".
C'è un passaggio nel libro che non può che lasciare con l'amaro in bocca: la testimonianza di un infermiere che in sede giudiziaria ha rievocato un episodio fuori da ogni logica.
L'infermiere ha raccontato che una volta un paziente, era nel giardino e canticchiava vicino a dei fiori; il dottor Coda vedendolo dal balcone, disse con disprezzo: "Prepara l'elettroshock e portami su quello che canta così... vediamo se continua."
Dalla quarta copertina:
La drammatica vicenda giudiziaria di uno psichiatra che torturava i malati, diventa lo spaccato della vita di un manicomio: le sopraffazioni sui ricoverati, il potere dei medici, l'arrivismo e il carrierismo, i degenti ridotti a materiale di sperimentazione, le proteste, la rabbia, la rivendicazione di una dignità umana violata in nome della scienza. Lo scontro tra un'intera classe medica e un piccolo gruppo di cittadini e di malati. Una sfida quasi impossibile che si conclude con un verdetto a sorpresa.
La vicenda si è conclusa con la condanna di Coda a cinque anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tutte le vittime delle sevizie sono state risarcite dai danni fisici subiti: denti rotti (poichè Coda per aumentare la sofferenza non usava il gommino), danni agli organi genitali, ustioni etc...
Il caso dello psichiatra di Collegno ha permesso in Piemonte di denunciare le sevizie dei pazienti dei manicomi; il "Dott."Coda ha utilizzato l'elettroshock come terapia per omosessuali ed alcolisti. Il "Prof". ha somministrato elettroshock lombopubici ai bambini enuretici - quelli che fanno pipi' addosso durante la notte.
Oltre a "portami su quello che canta" di A.Papuzzi "l'operato" del "prof." Coda e' stato ampiamente documentato nel libro "La fabbrica della follia" (Associazione per la lotta contro le malattie mentali, La fabbrica della follia, Torino, 1971, Einaudi): "la variante dell'elettromassaggio era utilizzata per i piu' svariati fini... sugli alcolisti, sui catatonici, perfino sui morti per vederne le reazioni... consisteva nell'applicare due elettrodi alle tempie del paziente e poi, anziche' dare la corrente in misura da far perdere la coscienza, nell'agire alternativamente sul pulsante, procurando ripetute scariche con un effetto che doveva essere terribile...".
Fonti tratte dal libro di ALBERTO PAPUZZI "Portami su quello che canta" ed. Enaudi 1977, "La fabbrica della follia" (Associazione per la lotta contro le malattie mentali, La fabbrica della follia, Torino, 1971, Einaudi e dai siti psicodissea.altervista, cs.erasmo.

2 marzo 2006

ALZARSI

Il 27/01 è stato istituito giorno della Memoria, poichè il 27/01/1945 erano stati liberati dai campi di concentramento ebrei, omossessuali, zingari, detenuti politici ed altre persone che furono perseguitate a causa delle loro idee o del loro modo d'essere.
Credo però, che di tutto ciò non si debba parlare solo il 27 Gennaio, ma che si debba ricordare sempre le violenze che sono state perpetrate per trecentosessantacinque giorni. Incessantemente.
Soprattutto, perchè ci sono "storici" che rinnegano l' Olocausto e i campi di concentramento come D. Irving.
Soprattutto, perchè bisogna tenere a mente come la violenza sia una costante anche odiernamente e gli esempi sono innumerevoli: le donne seviziate e stuprate in Kosovo, pulizia etinica in varie parti del mondo o più recentemente dalle sevizie perpetrate dai militari americani nei confronti dei detenuti a Guntanamo [e anche altrove] ..... Ed altro ancora....
Un grande poeta, Primo Levi in maniera lungimirante nel 1946, aveva espresso in una poesia, i suoi timori che quanto era accaduto poteva ripetersi non solo nei confronti del popolo ebraico ma anche nei confronti di altre "minoranze"(scrivo tra virgorgolette tale termine perchè ci sarebbe tanto anche da dire su di questo, ovvero cosa debba intendendersi per minoranza, ma spero di riuscire ad esprimerlo più approfonditamente in seguito).
Primo Levi l'undici Gennio 1946 scrisse una stupenda poesia, dilaniante come sempre la sua analisi. La poesia s'intitola:
ALZARSI
Sognavo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finchè suonava breve sommesso
Il comando dell'alba:
"Wstawac'"
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E' Tempo. Presto udremo ancora il comando straniero:
"Wstawac'".
Poesia tratta dal libro di PRIMO LEVI "Ad ora incerta" Ed. Garzanti- Gli elefanti- Poesie 1984

25 febbraio 2006

ASMIR DI SARAJEVO

Asmir è un bambino come tutti gli altri, ma vive in una città diversa e tormentata: Sarajevo, la capitale della Bosnia in guerra, con le sue strade piene di crateri e di macerie. E quando con lui e i suoi devono fuggire in un paese di cui non conoscono la lingua e dove non hanno casa nè lavoro, Asmir non è più un bambino e basta: diventa un estraneo, un profugo, qualcuno che passa la vita ad aspettare notizie di quelli che sono rimasti laggiù... Questo libro racconta la sua storia ed è la semplice e asciutta cronaca di cose realmente accadute, Asmir di Sarajevo, infatti esiste davvero e attende di ritornare nella sua città, di rivedere suo padre, di scoprire quanti dei suoi amici sono ancora vivi. Il suo futuro non potrebbe più essere incerto, ma una cosa è sicura: da grande Asmir non sarà mai un soldato.Questo libro l'avevo letto quando ero adolescente...

L'altro giorno l'ho ripreso in mano, l'ho riletto e ho provato profonda amarezza nel constatare come le guerre che ci sono in ogni parte del mondo rubino l'infanzia di tanti altri piccoli Asmir.
Ancora oggi.

L'autrice del libro è Cristobel Mattingley è una scrittice australiana che si occupa di letteratura per l'infanzia e per l'adolescenza. Ha conosciuto Asmir e la sua famiglia in Austria e ha destinato il ricavato di questo libro all'educazione del ragazzo."Asmir di Sarajevo" di C. Mattigley ed. Mondadori. [titolo originale dell'opera Not Gun for Asmir]

23 febbraio 2006

VIOLENZA SULLE FOCHE

La caccia alle foche, il più grande e crudele massacro di mammiferi marini nel mondo, è ripreso con violenza e intensità grazie all’autorizzazione del Department of Fisheries and Ocean Canadese, che nel febbraio 2003 ha emanato un “piano triennale di Gestione” con cui ha fissato a quasi un milione il numero di foche che potranno essere uccise nel triennio 2003-2005. Nel 2004 sono state barbaramente uccise 353.000 foche e nel 2005 di 319.000. La caccia si aprirà nella terza settimana di Marzo, e come ogni anno comporterà la barbara uccisione dei cuccioli che nascono i primi del mese, vittime preferite dai cacciatori sia per la morbidezza del manto sia per la facilità di cattura. Questi piccoli ancora non sanno nuotare, per cui non hanno possibilità di fuggire davanti ai cacciatori, e le loro madri li difendono fino alla morte usando il proprio corpo come scudo. Così senza scampo arriva la morte, la più violenta e crudele immaginabile: un team di veterinari indipendenti ha documentato che il 42% delle foche esaminate erano state scuoiate vive, e il 40% viene colpito ripetutamente prima di morire.
(Fonti: dal sito della LAV.)